Tutto ebbe inizio nel 1586, quando una grave carestia colpì
Triora e costrinse alla fame gli abitanti. La presenza di un fungo nei cereali, causò episodi di convulsioni e allucinazioni che
portarono molti a chiamare in causa le streghe. Queste donne erano accusate di
aver avuto rapporti col demonio, di aver giocato a palla con dei neonati, di
essersi trasformate in uccelli e altre amenità del genere, per cui il consiglio
degli Anziani, un organismo che rappresentava le
famiglie più altolocate e benestanti di Triora, il 20 Gennaio 1587
chiese ufficialmente alle autorità di intervenire per estirpare e sradicare il
male da questo paese. Un mese dopo 30 donne furono incarcerate e 18 accusate di
stregoneria. Gli interrogatori, di cui esistono le trascrizioni, iniziavano con
la sospensione per i polsi seguita dal fuoco ai piedi, continuando col suplizio
del cavalletto che stirava progressivamente gambe e braccia fino a
disarticolarle. Durante il processo a Triora si registrò la morte per
dissanguamento dell’anziana Isotta Stella gettatasi dal balcone dopo ore di
torture. Mentre l’imputata Franchetta Borelli venne impalata con dei pesi alle
caviglie e ai polsi che spingevano il corpo verso il basso. Nonostante questa
terribile tortura, ella sorrideva ed ai suoi interrogatori, guardando il vento
fuori dalla finestra, disse “Questo vento non farà venire buone castagne
quest’anno”. Il suo atteggiamento spinse ancor più gli inquisitori a ritenerla
posseduta dal demonio!
Tutto questo ebbe termine solo l’anno successivo, quando
gli interrogatori iniziarono a coinvolgere anche le mogli di notabili locali,
per cui gli Anziani chiesero a Genova di non tenere conto delle accuse rivolte
ad esse. Alla fine nove donne trovarono la morte a Triora e nelle carceri di
Badalucco, altre cinque morirono in prigione a Genova e di altre tredici, più
uno stregone, non si seppe nulla.
Chi riuscì a tornare a Triora finì i suoi
giorni in pazzia e totale emarginazione.
Ma cosa ci resta oggi di quegli anni persecutori? Esistono delle
tracce di una reale presenza demoniaca nel paese di Triora?
Analizzando il nome stesso del paese, si ottiene tria-ora
ossia le tre bocche di cerbero, il temibile cane a tre teste guardiano
dell’inferno. Inoltre, un prevosto dello stesso secolo, trascrisse sui suoi
diari che Triora non era un luogo dove avvenne il male, bensì era proprio il
luogo del male. La stessa morfologia del paese, la sua posizione e l’ambiente
intorno, porterebbero a raffigurare Triora come posto ideale per ipotetici
incontri con Satana. Ad esempio il vicino Lagodégnu, nelle storie locali,
rappresenterebbe il luogo prediletto dalle bagiue (streghe) grazie alla
presenza dell’acqua, crocevia di energie invisibili e dal sicuro impatto suggestivo,
oltre che elemento necessario alla vita dell’individuo e quindi luogo dove le
prime comunità sorgevano insieme ai loro culti, prima pagani poi cristiani. I
precipizi e gli orridi vicini a Lagodégnu, come il Cian der prève, sono consoni
al cosiddetto volo delle streghe. Il vuoto, elemento terrorizzante, diventa una
sorta di barriera che solo la strega è in grado di superare! Esistono dunque
delle caratteriste morfologiche ben delineate nei luoghi scelti da queste
donne, che non si ritrovano solo a Triora ma anche in altre località della
Liguria, contrassegnate da un riferimento all’inferno, al diavolo o agli
animali demonologici nel loro nome o nel nome delle loro piazze.
Cosi fenditure
profonde, grotte, ponti, prati, nonostante la loro bellezza paesaggistica,
vengono indicati con nomi cupi e tenebrosi.
Tornando al paese di
Triora, si narra che nei primi anni del secolo scorso furono avvisati dei
fulmini globulari nella zona di Perallo e a risalire la valle sino al paese. Sui
fulmini globulari esistono diverse teorie: attualmente, la più accreditata è
quella formulata da Graham Hubler secondo cui il fulmine globulare è una
combinazione di fenomeni elettromagnetici e chimici. In pratica, quando un
fulmine colpisce il terreno disintegrerebbe alcuni elementi chimici, come il
silicio, e questi, volteggiando nell'aria, si miscelerebbero con l'ossigeno;
poi, complice l’elevata temperatura, essi produrrebbero del plasma
incandescente, ovvero il fulmine globulare.
Altro punto forza che
gioca a favore di una teoria concreta sul perché proprio a Triora le donne
furono accusate di stregoneria, è la presenza di un lavatoio le cui acque hanno
proprietà terapeutiche, depurative e pure diuretiche. Secondo la leggenda, tali
caratteristiche furono conferite alle acque dalle stesse streghe pentite per i
loro malefici.
Rimane poi la Cabotina,
un tempo la zona più povera di Triora, rimasta famosa come ritrovo notturno
delle fattucchiere trioresi. Quel che è certo, è che in questo luogo vivevano
persone al limite della sopravvivenza, certamente emarginate dalla società e
dalla vita pubblica. E’ plausibile pensare che qui vivessero donne sole,
prostitute, contadine tra le prime ad essere coinvolte nel processo del 1587.
Anche se non vi è la presenza di sorgenti o altre fonti d’acqua, la Cabotina si
caratterizza per la conformazione estremamente scoscesa. La tradizione vuole
che proprio lungo queste pareti quasi verticali, le streghe prendessero il
volo.
In conclusione, cosa
possiamo dire? Esisteva davvero una presenza del male nella Valle Argentina?
Queste donne scelsero volutamente Triora per i loro riti con Satana? O gli
elementi chiave che collegano Triora ad altri paesi accusati di stregoneria,
sono una semplice coincidenza?
Ognuno è libero di dare
una risposta personale a queste domande in base alla sua esperienza e
conoscenza. Ma quel che è certo è che dopo le torture del 1587, molte donne di
Triora scomparvero e contestualmente, sui registri di un paesino nei pressi di
Genova, S. Martino di Struppa, comparirono nomi di famiglia legati al termine
bagiua, ossia strega nel dialetto locale di Triora. Un’altra coincidenza, o
queste donne cercarono un nuovo luogo dove praticare i loro riti demoniaci?
Noemi D'Amore
Per visite guidate: noemi.damore@gmail.com
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