martedì 9 aprile 2013

Ranzo e la chiesa di San Pantaleo


Nel fondovalle dell'Arroscia, proprio al confine tra la provincia di Imperia e quella di Savona, troviamo il borgo di Ranzo il quale racchiude un vero gioiello di architettura che riassume e stratifica, nelle numerose trasformazioni subite, le influenze artistiche e le vicende militari e politiche di una terra di frontiera: la chiesa di San Pantaleo. 
La tradizione ricorda che il nucleo originario del castello di Ranzo fu costruito per difendere gli abitanti della valle dalle incursioni saracene nel X secolo. Il borgo fu poi possesso dei Conti di Clavesana sino al 1386 quando venne interamente ceduto alla Repubblica di Genova. Ranzo fu tra quei luoghi della valle Arroscia che vollero far sorgere Pieve di Teco per trarre vantaggio dai traffici che si svolgevano sulla strada del Colle di Nava, e fu quindi uno dei quindici comuni dell'antico Mandamento di Pieve di Teco.
Ma torniamo alla preziosa chiesa di San Pantaleo. Il suo aspetto, oggi, appare segnato dal tempo e, nonostante sembra vi abiti una "famiglia" di pipistrelli, conserva tutt'ora il fascino dell'architettura seicentesca. Almeno per quanto riguarda la struttura ad unica navata. Il portico, infatti, risale al Quattrocento ed ancora vi si intravedono, sotto le volte a crociera, gli affreschi realizzati dal pittore Pietro Guido, originario di Ranzo, attivo nella prima metà del Cinquecento, insieme al figlio Giorgio, nella zona e dallo spirito artistico aspirato ancora al tardomedioevo. I soggetti rappresentano la Madonna col Bambino, i Santi ed Evangelisti e scene profane. Il portico presenta inoltre tre architravi in ardesia intagliata dai lapicidi di Cenova.
Dovete sapere che, da sempre abituati ad utilizzare la pietra per lavori domestici, come la copertura dei tetti con le ciappe, alcuni abitanti di Cenova nel XV secolo divennero abili scalpellini, entrando in contatto anche con le maestranze lombarde. I lapicidi di Cenova elaborarono un proprio stile, divenuto una vera scuola, realizzando opere importanti come il portale arcaico della chiesa della Maddalena a Lucinasco ed il maestoso portale della cattedrale di Tenda. Questi abili scalpellini hanno sicuramente contribuito a rendere la chiesa di San Pantaleo la rappresentazione migliore della cultura bassomedievale ponentina. Forse non fu un caso se vennero chiamati questi importanti scultori per il portico. Esso, infatti, non era solo un riparo per i viandanti ma un vero e proprio luogo di culto: vi sono collocate un'acquasantiera e una nicchia. Insomma, una “chiesa oltre la chiesa”, ove quindi era possibile celebrare le funzioni.
Tornando all'edificio, sappiamo che quello che ci appare oggi, è solo un "ammordernamento"  della struttura originale, risalente tra l'XI ed il XII secolo. Rimane ancora una traccia della fase protoromanica nell'abside meridionale, in quanto la parte settentrionale è stata aggiunta alla fine del medioevo.
All'interno si conservano altri affreschi, sempre di Pietro Guido, rappresentanti Cristo Risorto, la Passione (soggetto prediletto del pittore),altre scene sacre e una serie dedicata ai dodici mesi, dove si riesce ancora a leggere una sorta di calendario agricolo.
Il restauro dell'edificio, aiuterà a comprendere meglio la storia ed il susseguirsi delle modifiche architettoniche, nonché riscoprire i cicli di affreschi che si intravedono al di sotto di quelli realizzati dal Guido.
Intanto, sembra proprio che i pipistrelli abbiano buon gusto nel scegliersi il luogo dove abitare! 

Noemi D'Amore

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