sabato 27 aprile 2013

Il Santuario di Piani, l'edificio che Marvaldi decise di invertire!

Dallo svincolo autostradale di Porto Maurizio (Imperia Ovest), la strada che prosegue verso monte, porta nell'entroterra tra la valle Argentera e la valle Arroscia. Lungo questo percorso, si incontrano borghi bellissimi e ricchi di arte, come Dolcedo o Lucinasco più a monte. Ma oggi parleremo di una frazione di Imperia che si trova proprio all'inizio di questa valle. Costeggiando il torrente Prino, si giunge nella popolosa Piani, famosa a molti per la presenza di un campo dove si praticava il gioco del pallone elastico (oggi "Pallapugno") e conosciuta da altri per il suo Santuario dedicato all'Assunta, opera architettonica che merita sicuramente una nota di interesse. Chiesa plebana di Santa Maria de Planis del 1103, all'inizio del Trecento diviene Santuario, ma è l'opera di Gio. Batta Marvaldi, iniziata nel 1692, a renderlo come noi oggi lo vediamo. 
La famiglia Marvaldi, originaria di Candeasco, è stata una delle principali esponenti della Comunità, ricoprendo importanti cariche pubbliche, sia militari sia civili. Gio. Batta Marvaldi impara dal padre mastro Filippo, l'arte del costruire diventando il principale architetto delle Valli d'Oneglia e di Porto Maurizio.
Quando gli venne affidato il progetto di ampliamento del Santuario di Piani, egli si trovò di fronte ad una sfida importante. A differenza delle chiese precedenti, costruite ex novo, il santuario doveva inserirsi nell'area occupata dalla chiesa medioevale. Giò Batta decise quindi di invertire l'orientamento dell'intera struttura, aprendo la porta principale in quello che era l'antico coro, ornato di affreschi quattrocenteschi (una delle ultime opere dei fratelli Biazaci, noti nella pittura del Quattrocento del ponente ligure), traformandolo così in atrio antistante l'ampia sala. L'interno diventa quindi un ampio e proporzionato vano rettangolare con angoli smussati e cappelle laterali, tipico esempio di architettura barocca ligure. L'esterno è semplice e questo non fa che ampliare la meraviglia nello spettatore che entrando si ritrova in uno spazio elegante ed arioso. Anche le opere, presenti all'interno del Santuario, non sono certo di minore importanza o bellezza. 
Come in molti santuari della Riviera, anche a Piani è presente una delicata scultura lignea raffigurante la Madonna col Bambino. Considerata opera quattrocentesca di ispirazione provenzale, dopo un recente restauro è emerso che essa risale ad un periodo intorno il 1270. Tarde ridipinture e un'integrazione di tela ingessata al velo avevano falsato la percezione dell'immagine ma, per fortuna, senza toccare la ragguardevole qualità dell'intaglio, compiuto in un solo massello di tiglio con grande attenzione per il senso di volume del corpo, la dolcezza dei volti e la profondità delle pieghe delle vesti. L'originario artefice, si ispirò ai modelli iberici, come denotano infatti le somiglianze con le Madonne della Castiglia settentrionale, ad esempio nell'iconografia con il Bambino frontale e benedicente. 

Tornando agli affreschi quattrocenteschi che, come abbiamo visto, hanno cambiato posizione pur non muovendosi, sappiamo che furono l'ultima opera di Tommaso Biazaci (o Biasacci), anche in questo caso di grande valore artistico e iconografico. Il ciclo delle tre pareti dell'abside centrale (attuale ingresso) raffigura Scene della morte della Vergine e della Vita degli Apostoli, chiuso in basso da 17 figure con cartigli con la Sfilata delle Sibille, ricche di allegorie medievali. Opere di età barocca sono invece le tele di Francesco Bruno raffiguranti l'Assunzione di Maria al cielo, del primo decennio del XVIII secolo, il Battesimo di Gesù e Il martirio di san Lorenzo. Troviamo ancora opere di Imperiale Bottino che rappresentano L'Angelo custode (1689), La Madonna del Carmine, san Giuseppe e Anime Purganti (1689). Il Santuario di Piani gode quindi di larga fama e la festa dell'Assunta (15 agosto), istituita in ricordo della fine della dipendenza di Porto Maurizio dai Marchesi di Clavesana, vede tutt'ora una larga partecipazione popolare.
Di Noemi D'Amore




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