mercoledì 20 marzo 2013

Sulle tracce delle streghe


Tutto ebbe inizio nel 1586, quando una grave carestia colpì Triora e costrinse alla fame gli abitanti. La presenza di un fungo nei cereali, causò episodi di convulsioni e allucinazioni che portarono molti a chiamare in causa le streghe. Queste donne erano accusate di aver avuto rapporti col demonio, di aver giocato a palla con dei neonati, di essersi trasformate in uccelli e altre amenità del genere, per cui il consiglio degli Anziani, un organismo che rappresentava le famiglie più altolocate e benestanti di Triora, il 20 Gennaio 1587 chiese ufficialmente alle autorità di intervenire per estirpare e sradicare il male da questo paese. Un mese dopo 30 donne furono incarcerate e 18 accusate di stregoneria. Gli interrogatori, di cui esistono le trascrizioni, iniziavano con la sospensione per i polsi seguita dal fuoco ai piedi, continuando col suplizio del cavalletto che stirava progressivamente gambe e braccia fino a disarticolarle. Durante il processo a Triora si registrò la morte per dissanguamento dell’anziana Isotta Stella gettatasi dal balcone dopo ore di torture. Mentre l’imputata Franchetta Borelli venne impalata con dei pesi alle caviglie e ai polsi che spingevano il corpo verso il basso. Nonostante questa terribile tortura, ella sorrideva ed ai suoi interrogatori, guardando il vento fuori dalla finestra, disse “Questo vento non farà venire buone castagne quest’anno”. Il suo atteggiamento spinse ancor più gli inquisitori a ritenerla posseduta dal demonio! 
Tutto questo ebbe termine solo l’anno successivo, quando gli interrogatori iniziarono a coinvolgere anche le mogli di notabili locali, per cui gli Anziani chiesero a Genova di non tenere conto delle accuse rivolte ad esse. Alla fine nove donne trovarono la morte a Triora e nelle carceri di Badalucco, altre cinque morirono in prigione a Genova e di altre tredici, più uno stregone, non si seppe nulla. 
Chi riuscì a tornare a Triora finì i suoi giorni in pazzia e totale emarginazione.

Ma cosa ci resta oggi di quegli anni persecutori? Esistono delle tracce di una reale presenza demoniaca nel paese di Triora?

Analizzando il nome stesso del paese, si ottiene tria-ora ossia le tre bocche di cerbero, il temibile cane a tre teste guardiano dell’inferno. Inoltre, un prevosto dello stesso secolo, trascrisse sui suoi diari che Triora non era un luogo dove avvenne il male, bensì era proprio il luogo del male. La stessa morfologia del paese, la sua posizione e l’ambiente intorno, porterebbero a raffigurare Triora come posto ideale per ipotetici incontri con Satana. Ad esempio il vicino Lagodégnu, nelle storie locali, rappresenterebbe il luogo prediletto dalle bagiue (streghe) grazie alla presenza dell’acqua, crocevia di energie invisibili e dal sicuro impatto suggestivo, oltre che elemento necessario alla vita dell’individuo e quindi luogo dove le prime comunità sorgevano insieme ai loro culti, prima pagani poi cristiani. I precipizi e gli orridi vicini a Lagodégnu, come il Cian der prève, sono consoni al cosiddetto volo delle streghe. Il vuoto, elemento terrorizzante, diventa una sorta di barriera che solo la strega è in grado di superare! Esistono dunque delle caratteriste morfologiche ben delineate nei luoghi scelti da queste donne, che non si ritrovano solo a Triora ma anche in altre località della Liguria, contrassegnate da un riferimento all’inferno, al diavolo o agli animali demonologici nel loro nome o nel nome delle loro piazze. 
Cosi fenditure profonde, grotte, ponti, prati, nonostante la loro bellezza paesaggistica, vengono indicati con nomi cupi e tenebrosi.
Tornando al paese di Triora, si narra che nei primi anni del secolo scorso furono avvisati dei fulmini globulari nella zona di Perallo e a risalire la valle sino al paese. Sui fulmini globulari esistono diverse teorie: attualmente, la più accreditata è quella formulata da Graham Hubler secondo cui il fulmine globulare è una combinazione di fenomeni elettromagnetici e chimici. In pratica, quando un fulmine colpisce il terreno disintegrerebbe alcuni elementi chimici, come il silicio, e questi, volteggiando nell'aria, si miscelerebbero con l'ossigeno; poi, complice l’elevata temperatura, essi produrrebbero del plasma incandescente, ovvero il fulmine globulare.
Altro punto forza che gioca a favore di una teoria concreta sul perché proprio a Triora le donne furono accusate di stregoneria, è la presenza di un lavatoio le cui acque hanno proprietà terapeutiche, depurative e pure diuretiche. Secondo la leggenda, tali caratteristiche furono conferite alle acque dalle stesse streghe pentite per i loro malefici.
Rimane poi la Cabotina, un tempo la zona più povera di Triora, rimasta famosa come ritrovo notturno delle fattucchiere trioresi. Quel che è certo, è che in questo luogo vivevano persone al limite della sopravvivenza, certamente emarginate dalla società e dalla vita pubblica. E’ plausibile pensare che qui vivessero donne sole, prostitute, contadine tra le prime ad essere coinvolte nel processo del 1587. Anche se non vi è la presenza di sorgenti o altre fonti d’acqua, la Cabotina si caratterizza per la conformazione estremamente scoscesa. La tradizione vuole che proprio lungo queste pareti quasi verticali, le streghe prendessero il volo.

In conclusione, cosa possiamo dire? Esisteva davvero una presenza del male nella Valle Argentina? Queste donne scelsero volutamente Triora per i loro riti con Satana? O gli elementi chiave che collegano Triora ad altri paesi accusati di stregoneria, sono una semplice coincidenza?
Ognuno è libero di dare una risposta personale a queste domande in base alla sua esperienza e conoscenza. Ma quel che è certo è che dopo le torture del 1587, molte donne di Triora scomparvero e contestualmente, sui registri di un paesino nei pressi di Genova, S. Martino di Struppa, comparirono nomi di famiglia legati al termine bagiua, ossia strega nel dialetto locale di Triora. Un’altra coincidenza, o queste donne cercarono un nuovo luogo dove praticare i loro riti demoniaci?   


Noemi D'Amore
Per visite guidate: noemi.damore@gmail.com

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