lunedì 25 marzo 2013

Crocifissi: la classificazione di un Simbolo


Ad una prima occhiata, i Crocifissi potrebbero sembrare tutti uguali, dal povero significato simbolico,  una "semplice" raffigurazione del Cristo sulla Croce. Nulla di più sbagliato! In realtà, sono stati fatti approfonditi studi sulla loro rappresententazione e sul loro significato. La presenza di un copioso numero di opere nella Liguria di Ponente, ha reso necessaria una particolare classificazione per agevolare gli studi dei pregiati Crocifissi conservati in Duomi e Santuari. Sino al 1995, questa classificazione, comprendeva tre grandi gruppi, con oguno un croficifisso di riferimento:
- il "Taggia", riferito al filiforme Crocifisso della chiesa dei Domenicani
- il "Ceriana", riferito al grande crocifisso d'altare conservato nella medesi,a città
- il "Santo Stefano", riferito al Santo Cristo venerato nell'oratorio di Santo Stefano al Mare.
Ma con l'aumentare dei restauri, le nuove acquisizioni e le segnalazioni di studiosi, si è preferito rinnovare la classificazione convertendola in cinque grandi raggruppamenti:
A - B - C - D -E (vedi foto sotto)



Il gruppo A

La distribuzione del gruppo A è concentrata nel medio ed estremo Ponente e radicata nel profondo entroterra e nell’Oltregiogo (regione storica tra Liguria e Piemonte). Questo crocifisso è smagrito e sintetico, il volume appiattito del torso si contrappone a quello della parte sottostante (dall’ombelico alle ginocchia), formando un “8” allungato. E’ una tipologia che privilegia normalmente figure di formato ridotto e, nonostante l’impressionante rappresentazione nel Crocifisso del San Domenico di Taggia, darà prova di una tenuta notevole, pervenendo addirittura in vista del Cinquecento.
L’affinamento e l’idealizzazione comuni a queste sculture, come il nodo laterale a occhiello e l’ansa a “u” del perizoma, le ciocche di capelli autentici applicate al cranio, presuppongono una soluzione di continuità nei primi anni del Quattrocento, e dunque un evento, o un complesso di circostanze, capaci di esercitare un’azione quasi traumatica sulle espressioni culturali. Il movimento penitenziale dei Bianchi (nato dalla visione di una signora biancovestita nell’antica regione francese del Delfinato) è stato sicuramente influenzate per questo stile.A Genova il movimento dei Bianchi si manifesta clamorosamente nel luglio del 1399 e da lì riparte in modo piu organizzato: si trasformerà in pellegrinaggio verso Roma, arricchendosi di eventi miracolosi. E’ logico pensare quindi che in questo clima di grande fervore devozionale, siano collocati i rigorosi e smagriti “cristetti” con l’ostinata distribuzione nei punti chiave della mappa del Ponente: da Pigna a Ventimiglia e da Taggia a Triora; da Rezzo a Pieve di Teco e a Porto Maurizio; e dalla piana d’Albenga a Toirano o nelle valli retrostanti, con due interessanti punte a Ceva e a Fossano. A Genova, all’arrivo dei Bianchi, si respira un’aria di crociata: la città ha concordato la propria sottomissione a Carlo VI di Francia, che accarezza l’idea di una ripresa in guerra contro i turchi, a sostegno del malfermo impero bizantino. Il re di Francia inviò Jean le Meingre (Boucicaut), governatore austero e di rigore morale. In quell’epoca si viveva lo scisma della chiesa, in quanto vi era un papa in Avignone e un altro a Roma ed il governatore, ovviamente, dava ordine di obbedire al papa francese. La repubblica marinara di Genova, però, preferì favorire Benedetto XIII, il papa romano. I crocifissi allungati e iperstilizzati di Taggia e Ventimiglia alludono quindi ad un linguaggio internazionale e una relativa permeabilità tra piani socioculturali alto e basso. 

Il gruppo B

Le anatomie sono indagate graficamente, una lunga piega segna costantemente la vita e il perizoma si allunga: le sue pieghe si fanno rigide e radiali, mentre il nodo all’occhiello sul fianco destro pende schiacciato, con minore evidenza; un braccio si flette piu dell’altro. Questo è il gruppo B. Questo stile lo troveremo con un’espansione piuttosto regolare lungo la costa e nell’immediato entroterra imperiese-albenganese, con due puntate a Genova e a Ventimiglia.


Il gruppo C
Elementi caratteristici di questo gruppo sono: la dilatazione del torace, i capelli scolpiti, resi in due grandi ciocche coniche rifinite a torciglione che cadono sul petto, e poi il panneggio del perizoma strutturato come una sovrapposizione frontale dei lembi, cui fanno da contrappunto due ricadute laterali, una per fianco e, infine, l’andamento delle vene a treccia sulle braccia e sulle gambe. Questo tipo di crocifissi li troviamo a Vallecrosia Alta, nell’oratorio dei Rossi a Taggia e nela parrocchiale di Zuccarello, quest’ultimo con la particolarità di avere le braccia snodabili. Come datazione si assegna il periodo tra il 1440 ed il 1460 e fanno parte dell’ex gruppo Ceriana

Il gruppo D
Questi Crocifissi risentono, ormai sul 1460 almeno,della sensibilità rinascimentale. Basti soffermarsi sul perizoma, drappeggiato con le pieghe che si dispongono a ventaglio sulle cosce, ma con minore spigolosità, e le ricadute a pieghe geometriche scalari; e poi anche sulle ciocche ondulate della barba e sulla struttura del viso, modellata con passaggi piu morbidi, che ricordano la produzione pittorica di Enguerrand Quarton ad Avignone. In questo contesto dobbiamo collocare, ad esempio, i due crocifissi processionali degli oratori di San Sebastiano di Dolceacqua e dell’Annunziata di Rocchetta Nervina.


Il gruppo E
Dopo il 1470 inizia a farsi spazio un nuovo modello di crocifisso, diverso dai 4 gruppi che abbiamo visto in precedenza. Ad accumunarli sono una gradevole armonia anatomica (con adeguato senso delle proporzioni, con le membra lunghe ed affusolate ed è appena turbata dalle vene in evidenza) i capelli sempre scolpiti; e un caratteristico perizoma, a lembi sovrapposti con la vita bassa, solcato da pieghe profonde e larghe e reso vivace da una lunga ricaduta sul fianco sinistro cui fa da contrappeso sul destro un nodo schiacciato a guisa di fagottino. Le differenze tra gli esemplari sono minime e riguardano piuttosto l’accentuazione di una muscolatura comunque molto misurata. Come e più che nei gruppi C e D, tra i crocifissi di questa famiglia, prevalgono modelli medi e grandi, per altari e processioni.
Troviamo esemplari a Isolabona, San Biagio della cima e nell’oratorio di Borghetto San Nicolò; oltre al San Giovanni a Oneglia, il crocifisso d’altare in San Tommaso a Dolcedo e i piccoli crocifissi delle parrocchiali di Piantasina e Borgo d’Oneglia; oratorio di Aurigo e parrocchiale di Chiusanico. Piuttosto ricco è anche il territorio di Albenga. Ci sarebbe da giurare sulla natura schiettamente ligure ponentina del fenomeno, se non fosse che negli ultimi tempi parecchi esemplari sono affiorati anche sul versante piemontese delle Alpi Marittime, come il crocifisso nella parrocchiale di Dronero. Il successo del modello E rende difficile quindi la localizzazione del laboratorio d’origine e vista l’ampia produzione è da escludersi che si trattasse di un solo artista; è invece piu plausibile l’ipotesi che vi fossero piu botteghe che collaboravano in tal senso, con un “tronco ligure” ed un “tronco piemontese”. 


Fra Quattrocento e Cinquecento si assiste a timide riprese dei Cristi filiformi, cui viene associato un perizoma corto a fascia con pieghe parallele, teso da un nodo sul fianco sinistro che puo offrire spunto per svolazzi  e ricadute piu o meno manierate (senza originalità). Inoltre le membra vengono levigate e favoriscono una sensibile flessione delle braccia, con torsione del corpo negli esemplari piu maturi del 1500. Ma queste caratteristiche non sono sufficienti per classificare una nuova famiglia. Indicano piuttosto un nuovo orientamento linguistico che differisce dalla famiglia E. Fra le versioni piu tradizionaliste del gruppo, troviamo il crocifisso di Porto Maurizio (Cristo dei Cantori) e quello della cattedrale di San Maurizio, oltre al crocifisso in Santa Marta a Ceriana. Siamo nel primo XVI secolo. Un crocifisso invece “fuori serie” è quello in Santa Maria degli Angeli a Sanremo, chiesa superstite di un convento di minori osservanti fondato nel 1468; dalla muscolatura armonica, si direbbe un tipico esemplare della famiglia E, ma i capelli articolati che cadono a ciocche formando quasi una calotta ed il perizoma a lembi sovrapposti, indicano che siamo in presenza di qualcosa di piu di una mera variazione sul tema. Ed è significativo che sia di origine piemontese, terra che continua ad offrire elementi di confronto con la produzione ligure.
Ne scaturisce l’immagine policentrica di una Liguria tardomedievale che specie nelle sue contrade occidentali dimostra di saper ascoltare tanto la pianura quanto le Alpi; e che dunque lo storico dovrà abituarsi a considerare come una sorta di patria culturale “che non disegni i confini di una identità chiusa, esclusiva; ma che prenda valore proprio dalla consapevolezza della pluralità storica dei suoi volti”.



Noemi D'Amore

Informazioni prese dal libro "La Sacra Selva, scultura lignea in Liguria tra XII e XVI secolo

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